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Licenziamento per motivi economici: quando è possibile?
Secondo la legge italiana, l’eventuale licenziamento deve essere motivato. I motivi possono essere suddivisi in tre categorie principali: Motivi oggettivi giustificati – che sono legati all’abolizione del posto di lavoro a causa della situazione economica di un’azienda in termini di produzione, organizzazione del lavoro o buon funzionamento; Giustificati motivi soggettivi – che si manifestano quando il dipendente commette un inadempimento alle proprie obbligazioni contrattuali o si rende colpevole di negligenza nell’esercizio delle proprie funzioni, ma il comportamento non è così grave da costituire un licenziamento per giusta causa; o Giusta causa – che indica qualsiasi grave negligenza o violazione che renda impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro, inclusi furto, sommossa, grave insubordinazione, e qualsiasi altro comportamento che leda gravemente il rapporto fiduciario con il datore di lavoro.
Legge licenziamento post Covid 19
In risposta alla pandemia di Covid-19, il Decreto Cura Italia (D.L. 18/2020) ha introdotto il divieto di cessazioni individuali per motivi economici e di licenziamenti collettivi. Il divieto di licenziamento, entrato in vigore il 17 marzo 2020, è stato prorogato fino al 31 al 31 marzo 2021. Qualsiasi risoluzione in violazione del divieto è considerata nulla. È quindi possibile licenziare solo per giusta causa e/o durante il periodo di prova. La proroga del divieto di licenziamento si applica ai datori di lavoro che non hanno beneficiato integralmente della Cassa integrazione guadagni o dell’esenzione dai contributi previdenziali, per le procedure di licenziamento sia collettivo che individuale avviate dopo il 23 febbraio 2020.
Esenzioni al divieto di licenziamento
Le uniche esenzioni al divieto di licenziamento includono:
- Cessazione definitiva dell’attività produttiva, che implica però la liquidazione dell’azienda stessa senza possibilità – neppure in parte – di proseguire la produzione;
- Risoluzione reciproca del rapporto di lavoro con il dipendente nei casi in cui il contratto collettivo aziendale preveda un incentivo all’esodo. Il lavoratore, in questo caso, ha la libertà di decidere se accettare o meno la proposta del datore di lavoro. Se la proposta incontra esito positivo da entrambe le parti, il lavoratore dipendente ha la possibilità di ottenere l’indennità di disoccupazione in regime Naspi;
- Qualora sia disposta la cessazione definitiva dell’azienda e non vi sia la possibilità di svolgere un esercizio temporaneo, è possibile licenziare i dipendenti per fallimento dell’azienda stessa.
Licenziamento collettivo
I datori di lavoro con più di 15 dipendenti devono seguire una specifica procedura di informazione e consultazione con le Organizzazioni Sindacali in materia di licenziamenti collettivi. In assenza di organi di rappresentanza dei dipendenti, l’avviso deve essere dato alle associazioni di categoria “relativamente più rappresentative”. I dirigenti devono essere inclusi nel calcolo che innesca un licenziamento collettivo e che le aziende dovranno istituire un tavolo negoziale separato con i dirigenti.
Licenziamento individuale
Il licenziamento deve essere comunicato per iscritto e deve precisare le ragioni su cui si basa. Qualora un licenziamento sia basato su ragioni economiche una fase di consultazione preventiva obbligatoria deve essere svolta dalle aziende con più di 15 dipendenti, prima che il licenziamento diventi effettivo. In caso di colpa particolarmente grave il dipendente può essere destituito per giusta causa. In tal caso, il licenziamento ha effetto immediato e il dipendente non ha diritto ad alcun termine di preavviso.
Pagamento del TFR dopo licenziamento
La legge italiana prevede il pagamento di una forma di remunerazione differita, altrimenti nota come indennità di fine rapporto (TFR). Insieme ad altri importi minori di cessazione legale, il TFR deve essere corrisposto ai dipendenti ogni volta che il rapporto di lavoro viene risolto, indipendentemente dalla causa della cessazione. L’importo del TFR varia a seconda della retribuzione del dipendente e dell’anzianità di servizio (è pari a circa l’8% della retribuzione annua lorda per ogni anno di servizio).
Accordi di licenziamento
Le parti non sono obbligate a stipulare un accordo di licenziamento, ma lo consideriamo una best practice al fine di evitare futuri reclami e azioni legali. Si ricorda che gli accordi di licenziamento devono essere sottoscritti davanti all’Ufficio Pubblico per l’Impiego o davanti al Collegio di Conciliazione del Sindacato scelto dalle parti, per essere definitivo e insindacabile.
Risarcimento licenziamento illegittimo
Secondo la legge italiana, se un dipendente dovesse vincere una causa per licenziamento ingiusto, il rimedio nella maggior parte dei casi sarebbe il risarcimento del danno compreso tra 12 e 24 mensilità, a seconda della gravità dell'”ingiustizia”. In alcuni casi particolari il rimedio potrebbe essere la reintegrazione (discriminazione o inesistenza di fatti su cui si fonda il licenziamento).